A poco più di un anno da un controverso evento musicale svolto sulla spiaggia nei pressi della foce dei Regi Lagni, a Castel Volturno, siamo andati a controllare cosa fosse successo alla vegetazione.
Senza entrare nel merito delle polemiche che accompagnarono quel concerto e delle perplessità palesate dalla totalità del mondo scientifico e ambientalista, ricordiamo solo che un’area sulla spiaggia fu “ripulita”, spianata e resa più adatta ad ospitare qualche decina di migliaia di persone (secondo questo articolo 40.000) che avrebbero ballato e ascoltato musica, con un impatto ben superiore a quello dell’ordinaria frequentazione dei lidi e delle spiagge.
Scopo della visita era rispondere alla domanda: dopo un anno, quanto l’area risente ancora della “perturbazione” avvenuta per la preparazione e per lo svolgimento del concerto?
La giornata del 16 Settembre 2020 è torrida come una giornata di Luglio o Agosto ma la spiaggia è completamente vuota, sebbene in ogni direzione si vedono le strutture degli stabilimenti balneari ormani chiusi. Lasciata l’auto sulla strada di accesso saliamo su un monticello che potrebbe essere l’ultimo residuo di duna.

Popolato da Echinophora spinosa (finocchio litorale spinoso), Agropyron junceum* e sole due piante di Pancratium maritimum (giglio di mare) che saranno anche le uniche perchè non ne osserveremo successivamente. In effetti tutta la spiaggia deve essere stata in passato spianata per permetterne la fruizione balneare ma in questo tratto, dove il lido è stato recentemente abbandonato, come testimoniano gli scheletri delle costruzioni e abbandoni diffusi di rifiuti, la vegetazione ha ripreso i suoi spazi.

Attraversiamo quindi una distesa di “tipi” spinosi noti ai lettori del blog (ne abbiamo parlato qui). La vegetazione è dominata da Echinophora spinosa e Eryngium maritimum (calcatreppola marina), piante perenni che, grazie alla loro “spinosità”, non si fanno mettere facilmente i piedi in testa e non permettono a nessuna tribù che ci si balli sopra a piedi nudi. Sono le piante tipiche della duna embrionale che in questa zona si sta ricostituendo ed ospita anche specie tipiche di altre comunità della successione delle spiagge.


Avvicinandosi all’area spianata per il concerto, quasi bruscamente le piante perenni scompaiono e lasciano la scena ad una vegetazione, molto rada, di specie annuali (che impiegano meno di un anno per germinare dal seme, crescere, fiorire, fruttificare e disseminare, per poi morire o, meglio, sopravvivere sotto forma di seme), tecnicamente chiamate terofite. Hanno riconquistato facilmente l’area dopo il disturbo ed alcune hanno già concluso il loro breve ciclo vitale. Riconosciamo gli “ammassi” ormai secchi di rami con quel che resta dei frutti (muniti di appendici a forma di deboli spine) della Cakile maritima. Ancora vive e vegete e perfino in fioritura, invece, Salsola tragus (anch’essa moderatamente spinosa) e poche altre specie, sempre a ciclo annuale. Fra queste non possiamo scordare, in tema di spinosità, Cenchrus longispinus (in foto più sotto).

Già dopo le prime piogge i semi di queste piante germineranno e un maggior numero di piante si insedierà nell’area. Queste inizieranno a frenare la sabbia che si accumulerà insieme alla sostanza organica. Qualche decina di metri all’interno, quindi, potranno arrivare i tipi spinosi incontrati nel primo tratto di percorso e, successivamente, sempre che nessuno spiani nuovamente il tutto, tutte le altre specie della duna, in una successione ben nota.
Cosa succederà invece, molto più probabilmente? La spiaggia verrà spianata verso maggio per agevolare la fruizione (e per eliminare i tipi spinosi). La sabbia non avrà più radici che la trattengono nè barriere che la intercettino e il vento l’accumulerà sulla strada all’interno. Qui naturalmente verrà raccolta e smaltita… in discarica. Il processo di impoverimento della spiaggia continuerà per anni ed il mare avanzerà metro dopo metro.




In conclusione: la vegetazione si sta lentamente ricostituendo presto sebbene l’alterazione dell’area abbia azzerato la successione ecologica, esponendo un tratto di costa, seppure breve, a fenomeni di degrado ambientale. L’evento ha creato un precedente per cui tali impatti, in futuro, si potrebbero ripetere e moltiplicare. Ma la cosa peggiore, a mio parere, fu la falsa contrapposizione tra un presunto ambientalismo pulito, che voleva recuperare l’area dal degrado spianandola, ed un altro presunto ambientalismo che giocava sporco per protagonismo. La contrapposizione tra chi vedeva l’importanza dell’evento per lo sviluppo dell’area e chi temeva per le implicazioni di carattere conservazionistico. Il concerto fu un successo, i vantaggi per l’economia sono trascurabili, gli impatti ecologici ancora apprezzabili. Dopo un anno la polemica deve spegnersi e questo articolo deve servire solo a ribadire l’importanza di valutare con più attenzione gli interventi e a ripensare l’utilizzo delle spiagge, anche di quelle apparentemente più compromesse.
Ripetiamolo: le comunità vegetali non sono un semplice insieme di specie come possono essere le piante di un giardino. Esse svolgono funzioni ben precise e determinano la struttura vivente e perfino non vivente degli ecosistemi costieri, fornendo all’uomo indispensabili servizi.
Possiamo immaginare di conservare un tratto di costa, lasciando che la natura ripristini (in pochi anni) la naturale successione degli ecosistemi dunali? Oppure possiamo pensare ad un’alternativa a metà fra “abbandono” e sbancamento sconsiderato? Si può conciliare la conservazione delle comunità delle spiagge, con il giglio di mare, i coleotteri detritivori, il fratino, la tartaruga, ecc., con la fruizione ricreativa delle stesse?