Tipi da spiaggia 3: quello che nessuno vi ha detto del giglio di mare

attenzione: contiene tracce di Ecologia

Quando ho deciso di scrivere delle piante delle spiagge avevo scelto un gruppo di specie rappresentative per realizzare 3-4 articoli. Fra queste c’era il giglio di mare o Pancratium maritimum ma avendo visto decine di articoli, video e post di bravissimi e autorevolissimi divulgatori, uno più interessante dell’altro, sulla vita di questa bellissima pianta, mi sono chiesto “cosa potrei mai scrivere di nuovo?”. Ho rimandato quindi la pubblicazione, pensando di scrivere di qualche altra specie, altrettanto interessante ed eroica (queste piante che sfidano le ruspe oltre a decine di altre avversità…come possiamo non definirle eroiche?).
Poi è bastato vederlo sulla spiaggia perché la candida bellezza del giglio di mare mi rapisse ed eccomi a scrivere la mia sul pancrazio o giglio di mare.

Pancratium maritimum L. sulle dune di Baia Domizia

Fiorisce nel pieno dell’estate, luglio, agosto e settembre, i mesi in cui la parola spiaggia evoca una distesa di ombrelloni, musica e odore di creme solari. Dietro le file di ombrelloni, su quel cumulo di sabbia che in realtà è un lembo residuo di duna, vivono i tipi da spiaggia di cui abbiamo parlato nei precedenti articoli. E fra di essi vive il giglio di mare che più di ogni altra pianta spicca, in estate, per i fiori grandi, candidi, profumati.

Se guardiamo più attentamente il fiore, possiamo facilmente scoprire che non è affatto un giglio. Appartiene, anzi, a un’altra famiglia, quella delle Amaryllidacee, ed è dunque parente dei narcisi ma non dei gigli. Il nome comune è dovuto, molto probabilmente, al candore e al profumo intenso che emanano.

Struttura di un fiore di Pancratium maritimum L.

Le foglie in estate sono appassite, secche, alla base dei fusti che portano i fiori. Già in autunno spuntano dal terreno, prodotte da un bulbo grande quanto una cipolla. Hanno una forma a nastro, consistenza carnosa e sono apprezzate dal bruco della falena Brithys crini. A sua volta il bruco è apprezzato dal coleottero Scarites buparius. Si concretizza così un piccolo esempio di rete trofica con un organismo produttore (il giglio di mare), un consumatore primario o erbivoro (il bruco) e un consumatore secondario o carnivoro e predatore (il coleottero).

Sui fiori è possibile osservare numerose specie di insetti che, attratti dal profumo, possono avere la funzione di impollinatori. Sono soprattutto le falene a riuscirci ed in particolare la sfinge del convolvolo (Agrius convolvuli), una falena attiva soprattutto al tramonto, quando la brezza si attenua e può volare senza problemi. I frutti sono capsule verdi, all’incirca delle dimensioni di una noce. Si aprono liberando i semi che sono ben impacchettati come un puzzle tridimensionale, neri e molto leggeri. Si disperdono sulla sabbia, somiglianti a pezzi di carbone, ad opera del vento e possono essere trasportati lontano dalle correnti. La loro germinabilità è elevatissima, assicurando al giglio un grande successo nella riproduzione.

Frutti (capsule) di Pancratium. Una di esse si è aperta per liberare i semi, neri e lucidi. Baia Domizia, Settembre 2009.

La bellezza di un fiore è un fatto accidentale: l’evoluzione gli ha fornito forme, colori, profumi ed altri strumenti utili ad attrarre gli impollinatori. In alcune specie le forme e i colori incontrano il nostro “senso del bello” e lo sollecitano positivamente. Non so se esiste una “sindrome di Stendhal” causata dall’ammirazione del bello in Natura che per i fiori è anche intrinsecamente effimero ma ciclico. Se esistesse tale sindrome sicuramente una delle opere d’arte più ammalianti sarebbe il “giglio” delle nostre spiagge, ancora abbondante perchè il nostro territorio possiede, oltre alle dune e gli altri habitat conservati da parchi, riserve e simili, moltissimi frammenti di naturalità. Proprio dietro gli ombrelloni e fra un lido ed un altro oppure ovunque l’abbandono dell’uomo ha lasciato spazio alla natura. Ancora abbondante, Pancratium maritimum, perchè non è stato mai attuato quel progetto di fare del nostro litorale una copia di riviere quasi senza natura, con molti più turisti ma molta meno bellezza. E’ possibile, dunque, pensare ad uno sfruttamento turistico che lasci spazio a frammenti di natura, alternativo e forse più innovativo del pericoloso progetto, spesso evocato, di “Romagna del Sud”?


Pancratium maritimum L. è una specie osservata su tutto il litorale di Terra di Lavoro. Più rarefatto nel basso lazio, dove la realizzazione di strade, lungomare, ecc, ha eliminato gli habitat dunali, diviene comune su tutte le spiagge dalla Foce del Garigliano alla Foresta di Cuma.

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