Il miglior attacco è la difesa…
Nel precedente articolo abbiamo parlato delle compagnie della soldanella (Convolvulus soldanella) nella comunità che costruisce ed occupa la duna embrionale ed è nota come Agropireto dal nome della graminacea Agropyron junceum (L.) P. Beauv. 1. Due di esse sono piante spinose, appartenenti alla famiglia delle Apiaceae o Ombrellifere, dato che quasi tutte le specie portano i piccoli fiori in infiorescenze ad ombrello. Per intenderci è la famiglia del sedano, della cicuta, del prezzemolo, della carota, del finocchio e tante altre.
Profuma di finocchio, perfino più intensamente, Echinophora spinosa L., pianta dall’aspetto vagamente succulento ma con le foglie terminanti con una spina. Così se a qualcuno venisse voglia di brucarla, dovrebbe fare i conti con il suo intrico di spine pronte a difendere la posizione guadagnata sulla sabbia. Questa pianta è tanto caratteristica della comunità delle dune embrionali che insieme all’Agropyron dà il nome scientifico con cui si designa l’agropireto: Echinophoro spinosae – Elymetum farcti (Se pensavate che i nomi delle piante sono difficili, è perchè non avete avuto a che fare con i nomi delle comunità vegetali).
Baia Felice (CE), agosto 2012 Litorale di Ugento (LE), agosto 2013
Altrettanto bene armata è Eryngium maritimum L., su guide e siti chiamata anche “calcatreppola marina” (i presunti nomi popolari italiani mi sembrano sempre più inadeguati. Meglio sarebbe il nome dialettale locale, se esistesse!). La forma dell’infiorescenza è molto diversa da quella delle altre specie della famiglia sebbene si possa considerare anch’essa un ombrello, molto contratto, di forma sferica. E spinoso anch’esso.
Baia Felice, agosto 2012 Castel Volturno, giugno 2012 Mondragone, giugno 2014 Mondragone, giugno 2014
Dove la duna è più indisturbata, queste piante non hanno problemi a formare nuclei numerosi. Queste piante riescono a strabilizzare la sabbia e perfino a far crescere la duna funzionando come barriera per il vento. Resistono alla salinità, alla radiazione ultravioletta, all’azione meccanica di vento e mare, costituendo la struttura della comunità in cui possono insediarsi anche le specie più delicate come Convolvulus soldanella. Ovunque però la duna è compromessa: calpestata, “ripulita” meccanicamente, sbancata, relegata a frammenti sempre più rari e infine soggette perfino ad una damnatio memoriae: ricordo, dopo un intervento distruttivo su un tratto pregevole della nostra costa, qualcuno affermare che le polemiche degli ambientalisti erano inutili perchè le dune lì non c’erano mai state.
Nonostante ciò si deve riaffermare, invece, che il litorale di Terra di Lavoro, la “maremma liternina” per usare un termine molto efficace e caro all’amico Alessandro Gatto, è estremamente ricco di biodiversità ed ancora intatto in moltissimi tratti dalla foce del Garigliano a Cuma. Purtroppo un destino diverso lo ha avuto, invece, il litorale della costa sabbiosa laziale meridionale. Da Foce Garigliano verso Nord è più dificile trovare la duna embrionale ed i suoi abitanti, anche quelli tenaci e spinosi.

Note:
[1]: questa pianta pare non avere pace fra i tassonomi vegetali. Il binomio Agropyron junceum dà il nome alla comunità, però essa è stata “battezzata” Triticum junceum da Linneo e poi rinominata Elymus farctus, Elytrigia juncea…. e più recentemente Thinopyrum junceum (L.) Á. Löve. Dato che molto probabilmente fra pochi anni avrà un altro nome, preferiamo chiamarla Agropyron, in modo da ricordare che è un elemento strutturale della comunità dell’agropireto.
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